STRUMENTI E RISORSE PER I GENITORI

In questa sezione potrai trovare utili e pratici articoli psicologici messi in risalto dalla dott.ssa Valeria Monetti che potrai utilizzare per iniziare ad approfondire la tua conoscenza rispetto a questioni educative, formative, psicologiche e gestionali della vita di tuo figlio.

La teoria del doppio legame permette di evidenziare comunicazioni disfunzionali all'interno dei rapporti interpersonali.

Perchè questa condizione si verifichi è necessario avere:

- un rapporto intenso tra due persone dove è impossibile uscirne fuori (es: madre-figlio);

- un messaggio che viene inviato di due ordini opposti, dove uno nega l'altro (es: madre che comunica verbalmente di voler bene al figlio ma che si irrigidisce fisicamente ogniqualvolta il figlio di avvicini a lei);

- la persona che riceve il messaggio non riesce a decodificarlo e rispondervi in maniera adeguata.

Pensiamo alle volte che anche noi comunichiamo qualcosa attraverso il canale verbale ma che facciamo intendere altro con la comunicazione non verbale.

Questo crea relazioni difensive e ambivalenti quindi patologie relazionali importanti.

Dall' incrocio di importanti dimensioni come l'approccio alle regole, la chiarezza comunicativa, la calorosità affettuosa e le aspettative genitoriali possiamo stilare i diversi stili educativi adottati dai genitori:

GENITORE AUTORITARIO: è un genitore molto controllante, che ha scarsa comunicazione e scarsa affettuosità verso il figlio con aspettative molto alte nei suoi confronti.Il bambino si confronta con standard elevati di funzionamento e non riesce a sentirsi all'altezza.

GENITORE PERMISSIVO: è un genitore poco controllante che ha coinvolgimento affettivo e comunicazione aperta ma tende a incentivare comportamenti infantilizzanti nel bambino, non consoni alla sua età.

GENITORE AUTOREVOLE: è un genitore che controlla, ma con buona calorosità e comunicazione verso il figlio.

GENITORE TRASCURANTE: e' un genitore con scarso controllo, scarso coinvolgimento affettivo e poca comunicazione. Tende a non avere nessuna spettativa verso il figlio.

Sicuramente lo stile educativo più funzionante che porta all'autoregolazione del bambino è lo stile autorevole. Il bambino impara ad avere fiducia in se stesso, nelle proprie capacità e a crearsi  buone relazioni sociali basate sulla cooperazione.

I fenomeni di triangolazione sono sempre più presenti in diversi contesti dove le relazioni sono basati su rapporti di forza.

In famiglia come in altri contesti è possibile notare come la manifestazione del potere e la gestione di esso avviene in maniera sbilanciata e a discapito dei più deboli.

Si crea una sorta di coalizione segreta tra un membro di una generazione e un'altra di diversa generazione contro un proprio pari. (es: madre si coalizza con il figlio per andare a svalutare l'autorità genitoriale dell'altro)

Questa coalizione non è visibile, è sottesa e negata;

Crea conflitti di lealtà e l'unico modo che ha l'individuo per non essere triangolato è quello di assumere un comportamento folle o manifestare un sintomo per imporre il proprio potere

A livello simbolico gli scambi familiari sono regolamentati tra loro dalla categoria DONO-DEBITO.

Una corrisponde al polo affettivo e l'altra al polo etico delle relazioni;

"La nascita è frutto di  un dono, il dono della vita, ma il figlio che ha ricevuto la vita dai suoi genitori si trova  legato da un grande debito di riconoscenza per quello che ha ricevuto" (Scambini, 2003)

Il gioco dono-debito riguarda ogni familiare e ogni ciclo di vita. Una cattiva rappresentazione di questo gioco può creare però patologie relazionali : famiglie dove è presente dello sfruttamento, figli che si sentono in colpa verso i genitori, genitori che credono di aver solo dato e di continuare a dare.

Ogni persona deve aver avuto la possibilità di identificarsi con dei genitori donatori per poter donare a loro volta vista psichica e fisica ai loro figli. Se questo non è stato possibile è necessario elaborare il lutto rispetto a questa mancanza.  

In che cosa possiamo dire che il ruolo materno e quello paterno si differenziano in famiglia?

Sicuramente per lo stile genitoriale che impostano con il proprio figlio fin da piccolo: la madre tenderà ad impostare un rapporto basato più sulla comunicazione visiva e il linguaggio mentre, il padre tenderà a proporre un rapporto più prossimale basato, su giochi fisici e contatti corporei ritmici e stimolanti.

I due stili però, hanno bisogno di alternarsi fin da subito con il piccolo. Se la madre sarà la figura di riferimento nei momenti di sconforto, di stress e di pianto per il bambino quindi, la figura verso il quale  svilupperà  maggiore ATTACCAMENTO, il padre sarà responsabile dello sviluppo dei comportamenti di AFFILIAZIONE.

Questo concetto si rifà, al particolare legame che si crea tra genitore e figlio in momenti di relativa tranquillità per quest'ultimo.

I due micro-sistemi ( quello madre-figlio e quello padre-figlio) si sviluppano in maniera indipendente e parallela. La figura del padre, che è assolutamente importante per aiutare il bambino a inserirsi nel mondo sociale, modulerà il rapporto del figlio con le figure estranee e, il modo in cui affronterà le situazioni nuove.

La posizione del figlio cronico in ottica sistemica e trigenerazionale:

E' la condizione di quell'adulto che non riesce a superare i vincoli di dipendenza dalla propria famiglia d'origine e, resta ostinatamente nella posizione del figlio ,anche in tappe di sviluppo successive dove ci si aspetta invece un'autorità personale e una crescita autonoma.

Si viene a creare una sorta di soggezione emotiva nei confronti dei propri genitori e, finchè non si supera questa "intimidazione generazionale", non sarà possibile entrare a far parte di quella condizione che ci si aspetta dagli adulti: saper creare relazioni intime  e diventare a loro volta genitori responsabili.

Il tema della morte è un evento delicato da comprendere e affrontare per tutti:  sopratutto per i bambini. Non vorremmo mai intaccare la loro sensibilità parlandone eppure, la morte fa  parte del ciclo di vita di ogni persona. Si nasce, si cresce, ci si riproduce, si invecchia e si muore.

COME LO COMUNICHIAMO AI NOSTRI BAMBINI?

E' importante non lasciare da soli i bimbi nella comprensione di questo evento doloroso. Quindi:

- Rispondere in maniera chiara e concreta alle domande dei nostri bambini senza ingannarli per proteggerli;

- Passare che si può manifestare il dolore, piangendo ed essendo tristi;

- Come per l'adulto, anche il bambino deve avere la possibilità di dire addio alla persone defunta partecipando, per esempio, alla celebrazione  funebre e  al dolore collettivo.

In base all'età si affronterà l' evento in maniera diversa:  

Per i bambini che hanno meno di cinque anni : l'evento della morte è una perdita reversibile quindi, per il bimbo piccolo la persona che è andata via tornerà e questa speranza gli permetterà di non vivere il dolore come noi adulti. Dagli 8/9 anni in su: Il bambino come l 'adulto deve accettare la morte e affrontare l' evento doloroso.Ci dev'essere una buona elaborazione del lutto. Manifestazioni depressive fanno parte di una reazione normale.

L'adulto non può sottrarsi dalla propria responsabilità di aiutare il bambino in questo momento doloroso e difficile.

Perchè si parla, di più intelligenze?

Oltre ad avere la possibilità di misurare un'intelligenza quantitativa attraverso l'utilizzo di test standardizzati, abbiamo l'obbligo e il dovere di parlare anche, di un'intelligenza più qualitativa osservabile attraverso l'impiego di diverse strutture percettive usate dall'individuo per la lettura della realtà e la gestione dei compiti che la vita comporta.

Non parliamo, quindi, di un unica "fonte" unitaria che sta alla base delle nostre conoscenze, ma più sistemi che lavorano in maniera parallela e autonoma, sensibili a stimoli ambientali ed aducativi.

Gardner evidenzia 7 tipi di intelligenze diverse: oltre a quelle legate alle conoscenze linguistiche e logiche matematiche, parla di intelligenza musicale, interpersonale, intrapersonale, intelligenza spaziale e procedurale.

Dal punto di vista educativo cosa possimo fare?

Aiutare il bambino a sviluppare non solo conoscenze legate all'apprendimento scolastico ma, aiutarlo per esempio nella lettura e nel riconoscimento delle emozioni, a sviluppare il suo talento musicale, la sua creatività aritistica.

Un bambino prova frustrazione ogni qualvolta vede ostacolato in maniera temporanea o permanente il soddi-sfacimento di un proprio bisogno.

La frustrazione è un’emozione che tutti quanti possono provare ed è assolutamente legittima: si impara a tolle-rarla già da quando si è piccoli, nelle prime relazioni con la propria figura di attaccamento, ma, sorge in manie-ra preponderante al momento in cui il bambino esce fuori dall’ambiente familiare.

La frustrazione può derivare da diverse fonti:

-ambiente fisico e condizioni di sopravvivenza;

-ambiente sociale: nelle relazioni sociali con gli altri, a scuola, al lavoro;

-cause familiari: con un comportamento rigido e autoritario da parte dei genitori, proibitivo o dall’altro lato iper-protettivo, eccessiva ansia genitoriale ma anche trascuratezza e deprivazione;

-cause personali: difetti fisici, psichici, fallimenti, perdite, mancanze.

E’ importante aiutare il bambino, fin da piccolo, a riconoscere e tollerare le proprie frustrazioni. Gestire i tempi e i modi di espressione ,anche attraverso più canali, che, non sono solo quelli comportamentali e fisici.

Una delle reazioni alla frustrazione è l’aggressività aperta dove si tende alla distruzione e/o all’allontanamento dell’ oggetto o persona avvertita come minaccia.

Sappiamo che i bambini sentono i propri bisogni come immediati e unici, si può aiutarli per esempio a dilazio-nare i tempi di un soddisfacimento che loro sentono come imminente e, soprattutto, sostenere l’impedimento di una non-realizzazione di esso.

Il canale di espressione più ottimale è quello verbale, simbolico, ed emotivo che permetterà di riconoscere la frustrazione e affrontarla in maniera funzionale senza dover distruggere o distruggersi.

In concomitanza con la crisi adolescenziale si presenta una crisi dell'età di mezzo che coinvolge i genitori  definitivamente passando all'età adulta.

Possiamo parlare di due crisi d' identità speculari e inverse: per gli adolescenti un corpo giovane, pieno di vitalità che si trasforma, per i genitori un corpo che sempre più invecchia, perde forze, trasformandosi in maniera involutiva...

Doppio lutto per i genitori -> separazione dei figli e perdita della creatività dal punto di vista biologico.

In questa fase  i genitori tendono a mettere in discussione i motivi della scelta passata del partner e si tende ad assumere comportamentI sempre più in concorrenza con quelli adolescenziali. (es: madri che tendono a sedurre i regazzi delle proprie figlie)

Importante elaborare questa crisi e investire e curare maggiormente la SPAZIO DI COPPIA!

Ogni genitore per curare maggiormanente lo SPAZIO DI COPPIA devono poter non vedersi solo come coppia genitoriale ma anche come coppia coniugale rafforzando quindi il dialogo, la dimensione sessuale e creativa della coppia. Questo renderà più facile l'uscita di casa del figlio e porterà una buona identificazione con modelli relazionali positivi.

Un' altro compito di sviluppo è quello di RIDEFINIRE LA RELAZIONE CON IL FIGLIO:

Se in passato il genitore rivestiva un'autorità assoluta per il filgio,ora siamo in una fase dov' è bersagliato da critiche e non più ascoltato in maniera passiva. E' necessario accettare di perdere il proprio potere assoluto e negoziare coperativamente il rapporto con il figlio.

La gestione della conflittualità avverrà in maniera diversa: anche se il conflitto reca disagio e sofferenza, in questa fase va visto come modo per l'adolescente di emanciparsi e credere nelle proprie capacità. Questo non vorrà dire adottare un comportamento amicale con il figlio perchè creerebbe insicurezza e perdita di un punto di riferimento importante qual'è il genitore.

 

La capacità di un genitore di aiutare il proprio  figlio nel  processo di separazione-individuazione dipende a sua volta dal processo di emancipazione che lui stesso ha avuto con la sua famiglia d'origine.

Più un genitore ha risolto positivamente i compiti di sviluppo relativi alla propria adolescenza, più sarà in grado di essere d'aiuto per il proprio figlo senza che si vengano a creare relazioni ambivalenti come, ad esempio, un figlio adultizzato o genitori che assumono comportamenti adolescenziali.

Un' altro compito di sviluppo importante è quello di prendersi cura dei propri genitori che in questa fase diventano sempre più anziani:

si crea quindi un fenomeno inverso, da una parte ci si separa dal figlio giovane che cresce, dall'altra ci si avvicina maggiormente ai propri genitori che hanno bisogno di aiuto.



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